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Cenere

calahorra2007Mio padre diceva che la ragione per cui si vive
è per prepararsi ad essere morti

William Faulkner – Mentre morivo


Ivan Fandino oggi è cenere.
Un mucchietto di materia soffice, nerastra e oscena.
Chiuso in un’urna triste, chiuso lì per sempre, chiuso, che era stato uomo libero e torero di libertà.
A bruciarlo è stato il corno destro di Provechito, che prima l’ha scavato, poi violentato e infine fatto grigio.
In quelle foto caravaggesche Ivan Fandino è grigio, inevitabilmente grigio, grigio come la vita che se ne va.
Il nero è per la vita che già non c’è più. Nere sono le lacrime di Cayetana.
Nera è la cenere.

Ivan Fandino oggi è cenere e nient’altro più.
Nient’altro più ha senso dire.

No, anzi, una cosa sì.
Mara era già a galleggiare nel ventre caldo della mamma quel 29 marzo del 2015, quel giorno in cui tutti ci facemmo comunione e tutti provammo la vertigine della grandezza e l’abisso nella caduta. Quel giorno di primavera castigliana, quel giorno in cui un uomo fu grande come solo i grandi hanno la sfrontatezza di essere, per l’assoluto delle lacrime e per lo zenit del coraggio, Mara c’era. Già era con lui. Nella muleta schiaffata in mezzo alle corna del primo e di tutti quelli dopo, per due anni.
Non sarà più in quella stoffa rossa, Mara, starà per sempre nei pensieri caldi e commossi dell’aficion.
Nei miei.

Va por ti Mara.

Gloria eterna, torero.

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